Ormai periodicamente emergono agli onori della cronaca vari quartieri periferici di Roma che hanno vissuto vere e proprie rivolte urbane contro gruppi deboli e minoritari, fomentate da politici locali di destra e movimenti neofascisti: in pochi anni prima Tor Sapienza, poi Tiburtino III e infine Torre Maura.
Ma a parte questo, cosa hanno in comune? Sono in effetti quartieri simili dove si sommano problemi e criticità di varia natura nel quadrante est della città, quello con i peggiori indicatori di disagio socio-economico e con il reddito più basso. Sono anche molto citati ma poco conosciuti, nel senso proprio di sapere dove sono collocati fisicamente all’interno della città, rispetto al centro storico abitato e vissuto da gran parte di politici, amministratori e giornalisti. In realtà non sono quartieri troppo lontani e inaccessibili, sebbene più facilmente Tiburtino III vicino alla metro B e Torre Maura lungo la metro C, rispetto a Tor Sapienza sulla FL2. Inoltre, sono quartieri dove c’è un nucleo rilevante di case popolari del Comune o dell’ATER costruite negli anni ’70 e ‘80, che è il vero epicentro degli eventi, e che nel caso di Tor Sapienza e Torre Maura sorge a fianco di borgate più vecchie nate almeno in parte in maniera abusiva.
Torre Maura fa parte – seguendo l’impostazione di Tocci – della periferia anulare, la grande fascia che impegna l’area compresa tra la circonvallazione (in questo caso viale Togliatti) e il Raccordo con una forma urbana prevalentemente granulare e isolata dagli insediamenti circostanti, delle “monadi urbane collocate in modo caotico nello spazio geografico”, diversamente dalla maggiore densità e continuità della periferia storica più vicina al centro. Si trova a cavallo di via Casilina in una posizione relativamente isolata, circondata a est dal Raccordo, a nord dall’area verde di Casa Calda che doveva essere destinata a parco pubblico ma che è stata appena retrocessa dal patrimonio comunale, a ovest e a sud da varie zone industriali e commerciali frammentarie e irrisolte.
È vero che almeno due novità positive ci sono state negli ultimi anni: l’apertura della metro C che permette un’accessibilità nettamente migliore rispetto alla vecchia tranvia Roma-Pantano, insieme al “Punto Luce” di Save the Children aperto a bambini e ragazzi su via Walter Tobagi, oltre comunque a una “lenta e dolce trasformazione” che l’ha mutata rispetto alla vecchia borgata di metà Novecento. Ma al contrario impatta sul futuro del quartiere una composizione sociale orientata ai redditi medio-bassi più colpiti dalla crisi economica, dalla disoccupazione e dalle scarse opportunità per i giovani, con un parallelo calo dei residenti che scendono del -6% dai 21.300 del 2001 ai 20.000 del 2018. Più in generale, in tutta Roma la crescita economica degli anni 2000 e poi la debole ripresa degli ultimi anni non si sono ripartite in maniera sufficientemente omogenea sul territorio, anzi in alcuni casi si sono aggravati gli squilibri esistenti nella ripartizione sociale della ricchezza e delle opportunità.
Sui 15 municipi di Roma, il VI che comprende Torre Maura ha il peggiore indice di sviluppo umano, con una performance particolarmente negativa poiché è l’unico con un valore inferiore a 0,5 sotto la soglia del “basso sviluppo umano”, e i peggiori valori per tutte le sue componenti di reddito, istruzione e salute. In particolare a Torre Maura, che corrisponde alla zona urbanistica 8B, gli indicatori più preoccupanti rispetto alla media romana, come evidenziato dalle analisi di #mapparoma, sono sia l’istruzione, con pochi laureati (8,6% contro 20,2%) e molti residenti con licenza elementare o nessun titolo di studio (28,2% contro 20,3%), sia l’offerta culturale (zero cinema, teatri o biblioteche).
Nonostante ciò, nel 2011 erano solo di poco peggiori rispetto al resto della città i tassi di occupazione (45,4% contro 48,1%) e disoccupazione (10,8% contro 9,2%), i giovani NEET (12,7% contro 10,7%), le famiglie con potenziale disagio economico (2,6% contro 2,1%) e la quota di famiglie in case di proprietà (62,1% contro 69,3%), con una superficie media per abitante non troppo inferiore (35,1 mq contro 40,2 mq). La composizione demografica per fasce d’età e per stato civile è sostanzialmente simile alla media romana. La presenza di stranieri è invece superiore, ma con valori non troppo sbilanciati (17% contro 13,4%, sebbene in aumento del 74% rispetto a 10 anni fa), tanto che tra le prime nazionalità risultano avere un’incidenza relativamente maggiore solo Rumeni (4,7% contro 3,2%) e Bengalesi (1,6% contro 1,1%).
Quando si va nel dettaglio del nucleo di case popolari, l’epicentro della rivolta dove vivono circa 2.200 abitanti, le cose invece cambiano perché gli indicatori socio-economici diventano allarmanti. I valori sono nettamente superiori alla media romana per i residenti con la licenza media inferiore (36,1%) e la licenza elementare o nessun titolo di studio (40%), il tasso di disoccupazione (15,7%), le casalinghe (17,6%), i pensionati (27,8%) e le famiglie con 5 o più componenti (5,4%), e al contrario decisamente inferiori per i laureati (4,1%), i diplomati (19,8%), il tasso di occupazione (33,5%) e gli studenti (3,2%). Sono invece pochi gli stranieri (solo 1,1%), come è comprensibile dato che l’accesso agli alloggi è avvenuto nella maggioranza dei casi molti anni fa, cosicché i nuclei di case popolari sono in grandissima parte abitati da italiani.
È un quadro chiaro ed esauriente della “benzina” diffusa per cui una semplice e banale “miccia”, come pochi stranieri o altrettanto pochi rom ospiti di un centro di accoglienza strumentalizzati dall’estrema destra, può creare un “fuoco” di portata nazionale. Per evitarlo, servirebbe una politica che torni a governare attivamente la città. Ma è proprio la politica – e in particolare quella partecipata sul territorio tipica della sinistra – a essere in difficoltà nelle periferia anulare dove sorge Torre Maura, e ancor più in quella esterna al Raccordo. È infatti negli insediamenti sparsi di queste periferie, dove sono limitate le reti e gli spazi di partecipazione alla vita collettiva ed è basso il livello di relazioni, scambi e fiducia interpersonale, che penetrano più facilmente i messaggi politici populisti, se non persino nazionalisti e xenofobi. Peraltro è proprio qui che il centrosinistra ha subito la deriva verso forme di partito notabilare “in franchising”, destrutturato rispetto ai vecchi partiti di massa, talvolta dirottato verso il potere fine a se stesso, i cui leader locali conquistano consenso personale controllando i voti di preferenza.
Le polarizzazioni dell’urbanistica e dell’economia incidono quindi sui risultati delle elezioni: i quartieri più centrali e in parte la periferia storica costituiscono ormai la base sociale del centrosinistra, mentre nelle zone più lontane prevalgono il M5S e alle ultime elezioni anche la Lega, che mostrano una migliore capacità di interpretare i sentimenti delle periferie, rafforzati anche dai conflitti legati all’immigrazione. A Torre Maura il centrosinistra ha sempre avuto dal 2000 risultati peggiori rispetto alla media romana, tranne in tre elezioni per le candidature caratterizzate da un consenso bipartisan di Marrazzo nel 2005, Veltroni nel 2006 e Marino nel 2013, ma nel 2016 e 2018 ha subito un vero tracollo, a fronte di un grande successo del M5S: alla Regione, Zingaretti ha ottenuto 9,2 punti percentuali meno della media romana, e al contrario Lombardi 8 punti in più, mentre Parisi per il centrodestra è rimasto in linea con il dato cittadino.
Come se ne esce? Forse esistono solo due strade. Da un lato diverse politiche sociali e di accoglienza, abbandonando la logica frammentaria ed emergenziale in cui si risolve una criticità (per esempio, uno sgombero) creandone un’altra (dove mettere gli sgomberati) con metodi da protezione civile più che da assistenza sociale. Ormai da 20 anni a Roma la prassi è la presunta “emergenza sociale” con interventi al massimo ribasso che alimentano corruzione e illegalità, come è evidente dopo l’inchiesta sul “Mondo di mezzo”, invece di pianificare e programmare le politiche con operatori sociali internalizzati e stabili. Dall’altro lato, un rapporto stretto, positivo e proficuo degli amministratori con le tante soggettività del territorio, che possono essere supporto e molla dei cambiamenti. Vanno create occasioni di creatività, scambio e incontro, e sviluppare luoghi e servizi che siano punti di riferimento per i cittadini, a Torre Maura come nel resto delle periferie romane.
Spunti bibliografici
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