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Roma, tra centro e periferie: dalla crescita economica alle disuguaglianze capitali

di Keti Lelo, Salvatore Monni, Federico Tomassi

Il Laboratorio Roma del Centro per la Riforma dello Stato ospita un nostro articolo che combina e sintetizza le prime mappe pubblicate su questo blog, con l’aggiunta di un’introduzione per inquadrare il contesto romano e i cambiamenti in corso.

Molti cambiamenti sono avvenuti a Roma negli ultimi 15-20 anni. Le giunte Rutelli e Veltroni, dal 1993 al 2008, sono state celebrate come “Modello Roma”, ossia un processo di cambiamento strutturale basato sull’economia della conoscenza e orientato verso le nuove tecnologie, il turismo di massa, la finanza, i servizi avanzati, l’audiovisivo, la cultura e la ricerca. In effetti questo modello ha portato risultati positivi – almeno fino allo scoppio della crisi economica globale – in termini di crescita del PIL, reddito pro capite e flussi turistici. Tuttavia, questi sforzi non sono stati in grado di contrastare efficacemente le disuguaglianze e le polarizzazioni che sono emerse in varie direzioni: condizioni sociali ed economiche, sviluppo edilizio, consenso politico ed elettorale.

Primo, la crescita economica non si è diffusa in maniera omogenea tra i diversi quartieri e i vari gruppi sociali. Poiché le disparità sociali ed economiche sono da sempre una costante, e fortemente correlate con la distanza dal centro storico, sembra che i benefici del “Modello Roma” siano stati acquisiti soprattutto dai ceti sociali medio-alti nei quartieri centrali e benestanti, mentre le periferie ne hanno guadagnato ben poco.

Secondo, l’ininterrotto processo di espansione edilizia ha spinto le propaggini della città verso e oltre il confine comunale, generando numerosi nuovi insediamenti a bassa densità e dipendenti esclusivamente dai mezzi privati, che spesso assumono il carattere dello sprawl. La nuova urbanizzazione è stata guidata dalle dinamiche della rendita urbana e della bolla edilizia, senza riflettere una reale crescita della popolazione residente e, altra costante romana, senza seguire le indicazioni del piano regolatore. Questi fattori hanno ulteriormente rafforzato il quadro delle diseguaglianze socio-spaziali, che vede i gruppi più deboli (giovani coppie, precari e immigrati) espulsi dal centro in cerca di case più abbordabili ma con pochi servizi pubblici fuori dal GRA.

Terzo, di conseguenza, anche le scelte politiche sono cambiate, sfidando la vecchia idea di “cintura rossa” in periferia. Almeno dal 2000 partiti e candidati di centrosinistra prevalgono alle elezioni solo in alcune zone centrali e nella maggior parte della prima periferia, quella storica e densa. Al contrario il centrodestra, e recentemente anche il M5S, ricevono il maggiore consenso elettorale negli insediamenti vecchi e nuovi a cavallo o esterni al GRA, oltre alle tradizionali roccaforti nere a Roma nord.

Queste tendenze trovano ampio riscontro nei dati sociali, economici, demografici ed elettorali, disponibili con dettaglio per zona urbanistica, di fonte censuaria e anagrafica. Li abbiamo utilizzati per il blog #mapparoma, proprio per evitare di cadere – noi che parliamo di politica, chi si candida, chi amministrerà questa città dopo le elezioni – nella trappola dei luoghi comuni, della visione stantia di una città che non c’è più, dell’inconsapevolezza di come cambiano i romani e dove si spostano. Lo sterminato territorio capitolino è interrotto da barriere visibili e invisibili che determinano realtà urbane molto diversificate, spesso poco conosciute, e in continua evoluzione.

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