A quasi due anni dall’inizio della pandemia, secondo i dati della Regione aggiornati al 2 dicembre 2021, i casi di Covid-19 a Roma sono arrivati a 198mila, con un tasso di 710 ogni 10mila abitanti (esclusi i contagi avvenuti nel mese di agosto 2021, che la Regione non ha reso disponibili). Partendo dai 12mila casi del 19 ottobre 2020, la crescita è stata esponenziale durante la “seconda ondata”, arrivando in due mesi fino ai 76mila del 13 dicembre; nella prima metà del 2021 l’aumento è stato più lento ma costante, raggiungendo i 168mila il 3 giugno, mentre nella seconda metà dell’anno risulta decisamente rallentato almeno prima della diffusione della variante omicron. L’incremento in poco più di 4 mesi, tra il 29 luglio e il 2 dicembre, è stato di 22mila contagi, pari al 12% in più.

È assodato uno stretto legame tra la presenza di condizioni di povertà e l’insorgere di problemi di salute, in particolare di specifici disturbi come il diabete, l’obesità e le malattie cardiovascolari, più frequenti in aree urbane povere e disagiate, dove si manifestano anni prima rispetto alla media della popolazione. Un legame che si trasforma in una sorta di circolo vizioso, per cui sono i problemi di salute a generare o accentuare a loro volta condizioni socio-economiche disagiate. Il tasso di mortalità a causa del Covid-19 è più elevato proprio in presenza di problemi di salute e di maggiori tassi di mortalità. Quindi, i segmenti di popolazione che vivono in condizioni di marginalità fisica e sociale, dove maggiori sono i problemi sociali, più alto è il numero dei disoccupati e più acuto il disagio delle famiglie, hanno maggiori probabilità di contrarre malattie croniche e maggior rischio di essere contagiate dal virus.
Inoltre, le conseguenze della pandemia non hanno colpito tutti indistintamente, ma si sono fatte sentire sui cittadini in maniera iniqua, divaricando ancora di più la forbice delle disuguaglianze, secondo tre aspetti. Il primo è la tipologia occupazionale: i lavoratori più qualificati, con un alto livello di istruzione e un reddito maggiore, hanno anche avuto più facilità nel lavorare a distanza, riducendo così il rischio sia di perdere il posto durante il lockdown sia di essere contagiati; diversamente, per i lavoratori con un basso livello di qualificazione, i precari e gli irregolari è spesso impossibile lavorare da remoto e invece necessario utilizzare mezzi pubblici più a rischio di contagio. Il secondo è la qualità abitativa, sia in termini di superficie che di condizioni igieniche: sono evidenti i vantaggi di una casa confortevole e spaziosa per il lavoro agile o per la quarantena, e al contrario gli svantaggi di ambienti sovraffollati, degradati e con pochi spazi disponibili, ancora di più nelle case popolari. Il terzo è la possibilità di usufruire di connessioni internet veloci, in fibra ottica o banda ultra larga, non solo per il lavoro agile, ma anche e soprattutto per svolgere la didattica a distanza (DaD) che richiede collegamenti video affidabili, a fronte di situazioni gravi, già prima della pandemia, di abbandono scolastico e non completamento della scuola dell’obbligo.
A subire le conseguenze della pandemia sono quindi soprattutto i più vulnerabili – “invisibili”, disoccupati, precari, giovani, donne, stranieri – ma anche il ceto medio. Naturalmente ciò non equivale ad affermare che i più agiati siano al riparo dai rischi, ma chi si trova in condizioni economiche peggiori ha meno opportunità di fronteggiare con successo la malattia e più facilmente diventa vettore di trasmissione del contagio. Per molti romani è diventato difficile pagare l’affitto o il mutuo della casa, le bollette o anche semplicemente acquistare beni di prima necessità, come dimostrano sia le domande per il contributo all’affitto presentate al Comune di Roma, sia la distribuzione di pacchi alimentari da parte di Caritas e associazioni di volontariato come Nonna Roma, che in questo difficile momento sono arrivate laddove le istituzioni non sempre si sono dimostrate pronte a intervenire.
A Roma, le disuguaglianze socio-economiche e culturali vengono evidenziate e accentuate dalla pandemia. Balza, infatti, subito agli occhi come le zone più colpite della città siano proprio quelle in cui vivono le fasce più disagiate della popolazione. La distribuzione dei casi sul territorio comunale conferma in maniera sempre più evidente che l’incidenza sulla popolazione residente è maggiore nei quartieri popolari del quadrante est della città, e che la percentuale di crescita è più elevata in tutte le zone periferiche intorno e soprattutto fuori dal Gra, dove i residenti crescono, il disagio socio-economico è maggiore, l’età media è minore e i nuclei familiari sono più numerosi. Al contrario la situazione appare migliore nelle zone del ceto medio-alto dentro l’anello ferroviario o intorno all’Eur, dove i valori immobiliari sono maggiori e il tasso di laurea più elevato, con l’unica eccezione di alcune aree del litorale.
I municipi più colpiti sono quelli della periferia est e in misura minore del quadrante nord-ovest: il massimo è nettamente il VI (Torri) con 925 casi ogni 10mila residenti, ossia quasi un contagio ogni 10 abitanti, seguito da IV (Tiburtino) con 809, V (Prenestino-Casilino) con 768, XV (Cassia-Flaminia) con 731 e VII (Appio-Tuscolano) con 722. I contagi sono invece nettamente inferiori alla media romana nei municipi con reddito pro-capite più elevato: soprattutto nel II (Roma nord) e nell’VIII (Ostiense) con rispettivamente 593 e 597 ogni 10mila abitanti, e poi I (Centro) con 607, IX (Eur-Laurentino) con 634 e XII (Gianicolense) con 639, seguiti da X (Ostia-Acilia) con 679, XIII (Aurelio) con 693 e III (Montesacro) con 695.

Suddividendo la città nelle “Sette Rome” di cui abbiamo parlato nel libro omonimo (la settima è quella degli “invisibili” di cui non abbiamo dati sull’impatto della pandemia, che però si presume pesante), l’area con più contagi è inevitabilmente la città del disagio con case popolari e quartieri ex abusivi (830 ogni 10mila residenti), seguita dalla città-campagna delle periferie lontane e rarefatte (809) e dalla città dell’automobile intorno al GRA (735). Sono invece sotto la media romana la città compatta della periferia storica (667) e la città ricca del nord più Eur e Appia Antica (638), mentre conferma il minimo la città storica del centro turistico (618).

In questa #mapparoma mostriamo per zona urbanistica i casi di Covid-19 in valore assoluto e in rapporto alla popolazione al 2 dicembre 2021, e anche l’aumento di casi in valore assoluto e in percentuale tra il 1° settembre e il 2 dicembre.
In valore assoluto (mappa in alto a sinistra) sono 9 le zone urbanistiche che hanno più di 3000 casi e 3 superano 4000, mentre solo 16 (tutte non residenziali) sono ancora sotto la soglia di 100. In generale ovviamente il numero di contagi è elevato in tutte le zone più popolose, soprattutto a est, e con ben 8243 casi il record appartiene di gran lunga a Torre Angela (che comprende Tor Bella Monaca ed è la zona urbanistica più popolosa di Roma). Seguono a grande distanza Borghesiana 4821, Centocelle 4399, Primavalle 3883, Don Bosco 3768 e poi Lunghezza (che comprende Ponte di Nona) 3256, Tuscolano sud 3111, Torpignattara 3093, Gordiani 3057, Gianicolense 2991, Trieste 2975, Ostia nord 2893 e Morena 2752. Tra le sole zone residenziali, il minimo è a Grottarossa est con 80 casi, e poi Castel Fusano 83, Centro direzionale Centocelle 85 e Santa Palomba 113.

In rapporto alla popolazione (mappa in alto a destra), tra le sole zone residenziali, il record è di Grottarossa ovest con 1277 ogni 10mila abitanti, cioè un residente contagiato su 8, seguita da Gregna 1119, Omo 1090 e Appia Antica nord 1034. Seguono tutti quartieri periferici del quadrante est: Giardinetti-Tor Vergata 1022, Barcaccia 968, San Basilio 956, Settecamini e Torre Angela oltre 940, Borghesiana e Acqua Vergine circa 930, Quarto Miglio e Sant’Alessandro circa 920, La Rustica 905, Lucrezia Romana, San Vittorino e Lunghezza quasi 890, Tor Tre Teste 881, Alessandrina, Torrespaccata e Tor Fiscale oltre 870, con le uniche eccezioni a ovest di Pisana 923 e Boccea 889. I tassi più bassi tra le zone residenziali sono registrati dentro l’anello ferroviario o intorno all’Eur: il minimo a Cecchignola (491 casi ogni 10mila abitanti) e poi Celio 493, Villaggio Giuliano 495, San Lorenzo 510, Trastevere 511, Appio 514, Tuscolano nord 522, Aurelio sud 549 e Aventino 553.
I casi avvenuti negli ultimi 3 mesi (mappa in basso a sinistra) hanno superato la soglia dei 500 solo nelle zone urbanistiche molto popolose del quadrante est a Torre Angela 1063, Borghesiana 580 e Centocelle 544, seguite da Don Bosco 407, Lunghezza 395, Castelluccia e Primvalle (entrambe a ovest) oltre 350, Trieste e Torrino (uniche eccezioni nella città ricca) circa 335. Sono stati al contrario pochissimi, meno di 10, a Castel Fusano, Centro Direzionale Centocelle, Grottarossa est e Aeroporto dell’Urbe.
L’aumento percentuale sempre negli ultimi 3 mesi (mappa in basso a destra), tra le sole zone residenziali, è stato intorno al 20% in quartieri eterogenei sia centrali che periferici, in tutti i quadranti: il record a Santa Palomba +24%, e poi Acqua Vergine e Tor Cervara +22%, Santa Maria di Galeria e Villaggio Olimpico +21%, Villaggio Giuliano, Eur e Centro Storico +19-20%, Boccea, Flaminio e Porta Medaglia +17,5%. Al contrario, la crescita è molto contenuta a Pignatelli +6% e con meno dell’8% a Sant’Alessandro, Tufello, Pineto e Aeroporto dell’Urbe.

Infine, un tentativo di analisi dei dati disponibili allo stato attuale. La diffusione dei contagi è correlata con alcuni fattori socio-economici che spiegano parte della variabilità tra zone urbanistiche. Il primo è l’età media dei residenti, con inclinazione negativa a indicare una minore probabilità di contagio tra i romani più grandi (coefficiente di correlazione -0,53 ed R quadro 0,31), meno presenti nelle periferie esterne al GRA, anche se per loro la malattia è più pericolosa. Il secondo è la quota di laureati sulla popolazione, sempre con inclinazione negativa poiché anche l’istruzione è maggiore nei quartieri centrali rispetto a quelli periferici (coefficiente di correlazione -0,53 ed R quadro 0,35). Gli altri due riguardano la tipologia professionale (rilevata tuttavia col vecchissimo censimento del 2001): con inclinazione positiva la quota di addetti al commercio sulla popolazione, sia perché a maggiore rischio di contagio non potendo utilizzare il lavoro agile e dovendo anzi muoversi spesso col trasporto pubblico, sia perché più concentrati nelle zone periferiche, e con inclinazione negativa la quota di addetti alla scuola o all’università, perché al contrario più concentrati nelle zone semicentrali (coefficienti di correlazione rispettivamente pari a 0,53 e ‑0,52 ed R quadro 0,36 e 0,35).
Fonte: elaborazione su dati Regione Lazio – Dipartimento di Epidemiologia e anagrafe di Roma Capitale per i residenti.