Roma, con circa un terzo della popolazione residente nelle diverse tipologie di aree nate in maniera non pianificata [1], è la più grande città abusiva d’Europa. L’abusivismo è frutto di complesse dinamiche sociali, economiche e politiche che, a partire dalla proclamazione a Capitale d’Italia, ha coinvolto attori pubblici e privati a tutti i livelli. Il fenomeno, vero e proprio tratto distintivo dell’espansione di Roma sulla piana dell’Agro, è cresciuto di dimensione e intensità soprattutto nel secondo dopoguerra, ed è arrivato a coprire gran parte delle tre aree periferiche – la città del disagio, la città dell’automobile e la città-campagna – che abbiamo evidenziato nel libro “Le sette Rome”.
La pianificazione urbanistica non si è mai dimostrata all’altezza del proprio compito. Inseguendo, in perenne affanno, la folle corsa della speculazione edilizia, i piani regolatori di Roma si sono limitati a misurare a posteriori le dimensioni dell’abusivismo tentando di provi rimedio con successivi strumenti di recupero. Nel 1962, il primo piano regolatore dell’era repubblicana prevedeva la riqualificazione di 44 nuclei di edilizia abusiva, le cosiddette zone F1, che comprendevano anche le borgate storiche. Nel 1978 una variante al piano regolatore stabilì i perimetri di altre 84 borgate abusive, le cosiddette zone O, approvate nel 1983 come aree di “recupero urbanistico”. Dopo la perimetrazione ebbe inizio una lunga successione di interventi di recupero, in parte ancora in atto. Nel 1997 la variante al piano regolatore denominata “Piano delle certezze” individuò ulteriori 80 aree abusive definite come “toponimi”. Il loro dimensionamento è stato indicato per la prima volta nell’ambito dell’ultimo piano regolatore del 2008, ma la perimetrazione definitiva è rimandata all’approvazione degli specifici piani di recupero che potranno apportare modifiche per integrare aree edificabili, servizi o attrezzature. L’abusivismo romano è andato progressivamente trasformandosi rispetto alle sue origini, passando inoltre per tre condoni edilizi (Leggi 47/1985, 724/1994 e 326/2003) che hanno, di fatto, legittimato l’accettazione da parte delle istituzioni della prassi di costruzione abusiva.
In questa #mapparoma abbiamo deciso di analizzare la distribuzione territoriale delle aree di origine abusiva perimetrate come zone O e come toponimi, omettendo le zone F1 che nel corso degli anni hanno subito profonde trasformazioni e in molti casi si possono considerare parte integrante della città consolidata. La perimetrazione delle aree e la relativa banca dati è stata realizzata grazie al lavoro degli studenti del Laboratorio di analisi urbana e regionale [2], attingendo alle informazioni presenti nella sezione Urbanistica del portale web di Roma Capitale su zone O e toponimi. Queste due aree (escluse quindi le zone F1) coprono 6353 ettari con 412mila residenti, pari rispettivamente al 5% della superficie e al 15% della popolazione.

Nel portare avanti la mappatura delle aree abusive abbiamo riscontrato alcune problematiche che allo stato attuale non risultano risolvibili. In primo luogo, la perimetrazione delle zone O è disponibile per tutte le aree indicate come tali, mentre per i toponimi solo quelli già adottati e/o approvati. Per questo motivo la loro mappatura è parziale. In secondo luogo, i dati relativi alla popolazione residente nelle aree abusive riguardano la stima degli abitanti al momento della delibera portata in approvazione, quindi i dati raccolti fanno riferimento ad anni diversi. Questo rende approssimative le informazioni attualmente a nostra disposizione. Ciò nonostante, la rappresentazione dei dati aggregati a livello di zona urbanistica ci consente di ragionare in termini di distribuzione spaziale del fenomeno dell’abusivismo e di confrontare queste geografie con quelle di altri indicatori socioeconomici elaborati in precedenza. La mappatura, seppur incompleta, ha un importante valore conoscitivo, e si potrà aggiornare in futuro lavorando su due filoni: calcolare la popolazione nelle aree di origine abusiva già delimitate utilizzando dati censuari aggiornati una volta che saranno resi disponibili a livello di sezione di censimento; aggiungere i perimetri mancanti dei toponimi a mano a mano che verranno resi noti da Roma Capitale.
La maggiore superficie abusiva si trova nei municipi X (Ostia-Acilia) e VI (Torri), con rispettivamente 1462 e 1242 ettari di origine non pianificata, dove vivono in totale ben 200mila residenti, di cui 115mila nel VI (pari al 45% della popolazione) e 84mila nel X (37%). Come percentuale di superficie abusiva rispetto al territorio municipale, oltre a VI e X, emerge anche il VII municipio (Appio-Tuscolano), tutti e tre con il 10-11%. Come quota di residenti in aree abusive, sempre dopo VI e X, appare il XIV municipio (Monte Mario) con il 29%. Al contrario, non c’è alcuna area abusiva perimetrata tra i toponimi o le zone O nei municipi I (Centro storico), II (Parioli-Salario-Nomentano) e V (Prenestino-Casilino).
Tra le “sette Rome” l’abusivismo riguarda quasi esclusivamente le tre città periferiche: nella città dell’automobile 2510 ettari con 147mila residenti, nella città del disagio 1329 ettari con 132mila abitanti,nella città-campagna 2303 ettari con 114mila persone. In termini percentuali, le prime due hanno il 10-11% di superficie abusiva rispetto al totale e la città-campagna solo il 3%, ma in quest’ultima una quota enorme di residenti, pari al 62%, vive in aree abusive, mentre nelle città del disagio e dell’automobile è rispettivamente del 29 e 24%.
Nel dettaglio delle zone urbanistiche, i quartieri con maggiore presenza di aree abusive (prima mappa dinamica) sono distribuiti principalmente a ridosso e oltre il Gra, soprattutto nel quadrante orientale della città, nella parte sud tra Roma e il mare e nel settore nord-ovest. Infernetto è la zona urbanistica con la più ampia estensione di aree di provenienza abusiva (più di 600 ettari). Seguono Vallerano-Castel di Leva, Castelluccia, Lunghezza, Torre Angela e Borghesiana (intorno a 300 ettari). Molte di queste aree, soprattutto nel quadrante est, sono caratterizzate da forme acute di disagio socioeconomico. Gli indicatori sono sensibilmente peggiori rispetto alla media sotto diversi profili: istruzione, occupazione, valore delle abitazioni, metri quadrati abitativi per abitante, esclusione sociale, potenziale disagio economico, offerta culturale, presenza di impianti sportivi e strutture sanitarie. Le quote più elevate di aree abusive rispetto alla superficie totale (seconda mappa dinamica) si trovano nel quadrante est nei Municipi VI e VII (Gregna, Torre Angela, Tor Fiscale, Morena, Barcaccia, Lunghezza, Borghesiana), sud nei Municipi IX e X (S. Palomba, Palocco, Acilia nord, Infernetto), nord-ovest nei Municipi XIII, XIV e XV (Massimina, Casalotti di Boccea) e nord (Fidene).
Per quanto riguarda gli abitanti fin qui censiti nelle aree abusive (terza mappa dinamica), l’indiscusso primato è di Torre Angela, con 51.000, seguita da Infernetto con 30.000. Forte presenza di residenti in aree abusive è riscontrabile anche a Borghesiana, S. Maria della Pietà, Castelluccia, Vallerano – Castel di Leva, Acilia nord, Morena, Acilia sud, Lunghezza e S. Cornelia. Le zone urbanistiche che presentano le più elevate quote di abitanti in aree abusive (quarta mappa dinamica), intorno al 70%, sono Gregna, S. Maria di Galeria, S. Vittorino, S. Cornelia, Infernetto, Castelluccia, S. Maria della Pietà, Porta Medaglia, Massimina, Prima Porta, Porta Medaglia e Settecamini. Al contrario, nessuna delle zone urbanistiche più centrali, e gran parte della città dentro il Gra, contiene aree di origine abusiva.
La presenza di aree di origine abusiva mostra una significativa correlazione lineare negativa con il raggiungimento della laurea e con le preferenze elettorali per il centro-sinistra. La correlazione è invece positiva e significativa con la crescita della popolazione, con il disagio sociale e l’esclusione dal mondo del lavoro, e con le preferenze elettorali per l’ultradestra come Lega e Fratelli d’Italia. Quest’ultimo dato colpisce per la sua nettezza – è infatti la correlazione più solida che abbiamo trovato -, ma non deve comunque stupire. Diversi per epoca di costruzione, estensione e stile edilizio, i quartieri nati abusivamente hanno spesso caratteri socio-demografici simili, che si esprimono anche attraverso un consenso elettorale mutevole secondo i cambiamenti del contesto politico. Negli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta del Novecento, gli abitanti delle borgate e delle periferie romane votavano massivamente per il Partito Comunista Italiano e il Partito Socialista Italiano, alla luce del legame che queste forze politiche erano in grado di stabilire con le fasce più deboli e sofferenti della popolazione. Già nelle elezioni comunali del 1985 i voti per la DC di Sbardella arrivarono soprattutto dagli insediamenti – prevalentemente le zone F1 – appena risanati dai grandi investimenti delle giunte rosse capitoline. Citando Walter Tocci: «il buongoverno non conta nulla nelle scelte elettorali, pesano invece altri fattori pratici e ideologici» [3].

Fonte: Berlinguer G., Della Seta P., Borgate di Roma, Editori Riuniti, 1976.
[1] Cellamare C., “Processi di auto-costruzione della città”, in UrbanisticaTre, n. 2, 2013, pp. 7-33.
[2] La perimetrazione delle Zone O è stata fatta da un gruppo di studenti del Laboratorio di analisi urbana e regionale: Lugni G., Bianchini F., Cupertori L., Liberatore A., Quassinti G., Roma Self-Made. Abusivismo a Roma e analisi delle Zone “O”, 2020. La perimetrazione dei toponimi è stata fatta da G. Risi nell’ambito della tesi di laurea “Disuguaglianze sociali nelle aree di origine abusiva nella città di Roma”, a.a. 2019/2020.
[3] Tocci W., Roma come se, Roma, Donzelli, 2020, p. 86.